Il linguaggio del bambino si evolve attraverso varie fasi ed inizia intorno ai 2/3 mesi di vita per raggiungere un ottimo livello intorno ai 5 anni.
Verso i 2/3 mesi il piccolo non solo modula il pianto secondo le diverse necessità, ma inizia dei vocalizzi, è il periodo della lallazione cioè di suoni non specifici in risposta a stimoli non precisi.
Un’alternanza dei turni di suoni con l’adulto, comincia verso i 6/7 mesi, quando il bambino aspetta che l’adulto termini di parlare e poi inizia lui con ripetizione di consonanti.
A 9/13 mesi nascono le prime singole parole: papà, mamma, pappa….
Il vocabolario di un bambino di due anni è di circa 200 parole, che aumentano a circa 800 intorno ai tre anni, è il momento in cui iniziano delle vere frasi con soggetto, verbo e complemento, inoltre sostituisce il “me” con “io”.
A 4/5 usa oltre 2000 parole, il condizionale, l’interrogativo e le forme passive.
Durante queste fasi di sviluppo del linguaggio, possono nascere dei problemi che rappresentano uno dei motivi più frequenti di consultazione con il pediatra.
Il bambino, infatti, può avere un ritardo nel parlare, o dei difetti di pronuncia oppure balbetta.
La balbuzie rientra nella categoria dei disturbi del linguaggio e si manifesta verso i 5/7 anni. Alcuni bambini balbettano in maniera ricorrente, altri quando sono emozionati, altri in presenza di estranei.
Anche intorno ai 3 /4 anni il bambino può balbettare, però alcune volte non è un vero disturbo del linguaggio, ma semplicemente la quantità di pensiero che il bambino vuole esprimere, che supera la sua reale possibilità di espressione.
Normalmente si distinguono due diversi tipi di balbuzie: ripetizione di una sillaba di solito posta all’inizio di una frase, oppure uno spasmo muscolare che impedisce per qualche secondo l’emissione della voce stessa.
Spesso la balbuzie compare improvvisamente a seguito di uno shock, che può trasformarsi in un disturbo anche di lunga durata causato soprattutto dal contesto nel quale il bambino vive. Essere preso in giro, corretto continuamente, non lasciare al piccolo il tempo necessario per esprimersi, fargli notare la sua difficoltà, sono cose che non fanno altro che aumentare la sua ansia e quindi a trasformare un momento di difficoltà in un vero e proprio disturbo del linguaggio.
Ancora una volta il balbettare di un bimbo è un grido di aiuto che lui rivolge agli adulti, la sua difficoltà psicologica è troppo grande perché egli possa elaborarla da solo. Desideri, paure, ansie, impulsi, situazioni familiari fortemente conflittuali, creano nel bambino una tale tensione che egli non trova altro modo per scaricarla se non attraverso il balbettare
Oltre al sostegno di un logopedista, spesso si deve ricorrere all’aiuto di uno psicologo il quale attraverso una serie di attività ludiche porterà gradualmente il bambino a scaricare la sua aggressività.
Come ho detto l’ambiente familiare è di fondamentale importanza perché con il suo atteggiamento può far diventare disturbo quello che potrebbe essere solo un momento di difficoltà dovuto a varie cause: nascita di un fratellino, trasloco, separazione dei genitori, perdita di una persona cara…
È determinante, quindi, che la famiglia, come la scuola, che deve vigilare affinché il bambino non venga fatto oggetto di derisione dai compagni, cerchino di rendere il contesto nel quale il piccolo vive quanto più possibile sereno, evitando di concentrare l’attenzione sul sintomo e questo spesso basta per far lentamente regredire il sintomo stesso.
Se questo non dovesse bastare pensiamo di farci aiutare da un esperto, ma prima di tutto noi genitori interroghiamoci sui nostri problemi personali o che ci sono in famiglia, i quali hanno determinato uno stato di ansia in nostro figlio.