Sembra che alcuni bambini per comunicare con gli adulti abbiano un solo sistema: strilli, lacrime e capricci.
Il primo pensiero che viene osservando un bambino che fa i capricci è quello di pensare che sia un bimbo che si senta poco ascoltato, considerato o addirittura poco amato. Questo non sempre è vero, il bambino può, infatti, avere anche un ottimo grado di ascolto da parte degli adulti, ma potrebbe essere un ascolto che non è corrispondente ai suoi bisogni.
Normalmente il capriccio è una modalità adottata dal bambino per richiamare l’attenzione, ma gli serve anche per esprimere ansia, paura o timore.
Altre volte lo strillare è un modo che serve al bimbo per esprimere la propria rabbia, è come se avesse bisogno di far esplodere una emotività che non riesce a contenere se non attraverso il capriccio e le lamentele.
Cosa possono fare i genitori? O meglio cosa non devono fare i genitori?
Si deve assolutamente evitare che il capriccio divenga una modalità comunicativa usuale del bambino, il quale se comprende che strillare significa ottenere tutto ciò che desidera e soprattutto ottenerlo subito, continuerà a perpetuare tale comportamento, anche in relazione a quel “principio del piacere” che spinge i piccoli a volere immediatamente soddisfatti i propri bisogni.
E’ compito dei genitori e degli educatori, cercare invece di smorzare quell’egocentrismo ed egoismo tipico dei bambini piccoli, portandoli gradualmente e con dolcezza a comprendere che tra il loro desiderio di vedere appagato un proprio bisogno e l’appagamento reale dello stesso, può esserci un lasso di tempo più o meno lungo. Questo insegnamento è più facile, sicuramente, nell’ambito di un nido piuttosto che in quello famigliare, infatti, al nido il piccolo deve imparare a condividere con altri bambini non solo i giochi, ma anche le attenzioni dell’educatrice, rispettando i tempi e le attenzioni che lei dedica agli altri bambini.
I genitori, inoltre, spesso per vincere i propri sensi di colpa derivanti dal fatto di essersi allontanati per alcune ore, tendono a soddisfare al rientro ogni richiesta del proprio figlio. Altre volte, invece, è il senso di stanchezza del genitore che il bambino sfrutta a proprio vantaggio, egli è molto furbo e se comprende che facendo “la lagna” alla fine ottiene, utilizzerà tale comportamento ogni volta che vorrà ottenere qualcosa.
“Tutto e subito” non esiste e non è possibile, per raggiungere i propri obiettivi, c’è invece necessità di pazienza, tolleranza, creatività…Tutto questo naturalmente sempre tenendo conto dell’età del bambino, della sua capacità a sopportare le prime frustrazioni, quindi nessun atteggiamento impositivo, senza sottovalutare i loro capricci, perché vorrebbe dire non ricercare le cause che li sottendono, ma è errato anche accontentarli subito o riempirli di regali.
E’ necessario essere sempre coerenti nella vita, ma soprattutto con i bambini, pertanto è inutile farlo strillare per dieci minuti, dicendo che non può avere l’oggetto del suo desiderio e poi per stanchezza, concederglielo.
Questo comportamento serve solo a rafforzare il “delirio di onnipotenza” del bambino e ad insegnargli che strillando ottiene. Molto meglio cercare di ascoltare il bambino sulle sue richieste e spiegare sempre il perché del nostro no, sempre che sia veramente motivato.
Cosa significa quel “braccio di ferro” che instauriamo con loro? Cosa o a chi vogliamo dimostrare di essere i più forti? Cerchiamo, invece, di parlare, e soprattutto ascoltare i nostri figli, di prevenire un capriccio, di trovare un compromesso, delle soluzioni alternative, dedicandogli tempo, attenzione e cure. Ci sono dei no, come diceva il prof. Bollea che servono realmente a far crescere i nostri figli, ma devono essere basati su dei saldi principi educativi che servano ad un loro processo di crescita, per questo devono essere coerenti e non momentanei e sempre spiegati.