Come aiutare i nostri figli nel processo di individualità

 

Le relazioni che il bambino instaura nei primi anni di vita, e che influenzano  le caratteristiche comportamentali sia a livello emotivo che cognitivo  delle età successive, è stata studiata da numerosi psicologi, a partire dalle teorie di Freud e della Klein, dalle quali sono derivati numerosi  altri studi sullo sviluppo del bambino.

Winnicott, ad esempio, ha proposto sulla base non solo delle precedenti teorie, ma anche dalle sue osservazioni cliniche come pediatra e psicologo, una nuova chiave di lettura in contrasto con alcuni tradizionali concetti dello sviluppo infantile, o Bowlby che attraverso la sua teoria dell’attaccamento elaborata in decenni di pratica con i bambini, con le loro preziose e sempre attuali opere, sono fondamentali per comprendere l’importanza delle figure genitoriali e della madre in particolare, evidenziando i pericoli che incombono sullo sviluppo della psiche del bambino in caso di inadeguatezza o perdita  di tali figure.

Al momento della nascita il bambino ha in sé una serie di potenzialità, predisposizioni, caratteristiche attraverso le quali con il progredire delle esperienze, svilupperà il proprio mondo interno differenziandolo da quello esterno, in modo tale da potersi creare la propria personalità, il proprio carattere e la capacità di relazionarsi con gli altri.

La principale alleata del bambino, affinché possa avvenire tutto questo, è la madre che contribuisce allo sviluppo del potenziale innato, accompagnandolo verso l’individualità e l’autonomia, che gli fornisce protezione e tutela e da cui partire per scoprire il mondo esterno, ma dove sa con sicurezza di poter ritornare ogni volta che  ne avrà bisogno. Una “base sicura” cioè una figura disponibile, pronta a dare assistenza, ad incoraggiare, ad intervenire in caso di necessità.

Lo sviluppo dell’individuo si attua attraverso l’accumularsi ed il ripetersi delle esperienze: dormire, mangiare, avere una persona vicino che sappia comprendere le sue necessità, che riconosca i suoi disagi, quindi nelle prime fasi della vita il ruolo dell’ambiente è fondamentale perché può facilitare o ostacolare questo processo di crescita.

Normalmente è principalmente la figura materna  quella di riferimento per il bambino perché è quella che più delle altre lo accudisce e risponde ai suoi bisogni, anche se al giorno d’oggi la figura paterna è maggiormente coinvolta nell’accudimento del bambino, mostrando adeguatezza e partecipazione allo sviluppo dello stesso, più le risposte di queste  figure di riferimento sono corrispondenti alle esigenze del bambino più si creano le condizioni adatte per una sana costruzione del suo “Io”.

Al momento della nascita fino a circa i primi 2 mesi di vita, il bambino è completamente dipendente dalle cure che gli vengono fornite, per tale motivo si parla di una “fase di dipendenza assoluta” dove madre e bambino si appartengono e formano un’unità.

Se si osserva la figura materna già durante la gravidanza e nelle prime settimane dopo la nascita del bambino, si può constatare come questa sia tutta dedicata alla cura del bambino, quasi ritirata dal resto del mondo, occupandosi quasi esclusivamente del figlio, questo le serve per adattarsi gradualmente alle esigenze ed ai bisogni del bambino. Tale rapporto esclusivo e di identificazione  garantisce al figlio di avere intorno a sé un ambiente in grado di proteggerlo e di soddisfare i suoi bisogni.

In questi primi periodi di vita questa capacità della mamma non solo di soddisfare i suoi bisogni fisici, ma anche di essere “ contenitore” delle angosce del bambino,  permette a quest’ultimo di sperimentare un’onnipotenza soggettiva, cioè egli ha la sensazione che siano i suoi desideri a dare origine alle risposte.

Se dalla nascita ai primi due mesi per il neonato la discriminazione tra una persona o l’altra è limitata, dopo i 2 mesi e fino ai 7 mesi, il piccolo mostra reazioni differenti nei confronti dell’una o dell’altra figura, ad esempio sorriderà di più o cesserà di piangere di fronte all’apparire delle figure genitoriali.

Successivamente fino a circa i 2 anni di età il bambino comincia a provare diffidenza e timore verso persone non familiari, caratteristica che viene definita “paura dell’estraneo”

Se fino al giungere di tale momento il bambino avrà fatto esperienze di “attaccamento sicuro” cioè avrà la certezza che per lui c’è una persona sempre disponibile a cui ritornare, si sarà creata una condizione fondamentale per un suo sano  sviluppo, infatti, egli sentendosi accolto e sostenuto, non solo a livello fisico ma anche psichico sarà  pronto ed incoraggiato nelle prime espressione della propria personalità.

Quindi una madre che è capace di sintonizzarsi con i bisogni del figlio, di essere disponibile quando il piccolo ha bisogno, alla quale ritornare per richiedere aiuto e supporto, creerà le premesse per un  suo sano sviluppo, al contrario se i bisogni del neonato vengono ignorati dalla madre, anzi le proprie necessità sono prioritarie a quelle del piccolo,  questo non potrà fare altro che cercare di adattarsi, ma ciò avrà una profonda influenza sul suo  sviluppo, infatti interrompendolo nel suo processo di onnipotenza, gli si creano delle difficoltà nella costruzione del cammino verso l’integrazione di sé. Tanto che, se le figure di riferimento del bambino sono state deficitarie, se non hanno saputo rispondere ai suoi bisogni, se è mancata quella sintonia a lui necessaria, è possibile rintracciare anche nell’adulto delle manifestazioni di angosce infantili come sentirsi abbandonati o senso di perdita.

Questo periodo di totale dipendenza gradualmente viene ad allentarsi ed il bambino comincia ad avere la capacità di segnalare i propri bisogni in maniera che la madre li possa soddisfare.

In questo periodo di “dipendenza relativa” come viene definita da Winnicott, il bambino comincia gradualmente a prendere coscienza di una sua personalità separata dalla figura materna, acquisisce un suo schema corporeo, inizia a giocare attribuendo agli oggetti un significato, ma questo è anche il momento dell’instaurarsi dell’ansia, della paura.

E’ in questa fase di sviluppo che il compito della madre deve cambiare, ora deve progressivamente  cessare di anticipare i bisogni del figlio in modo tale da aiutarlo a crescere e ad evolversi verso l’autonomia.

Se al contrario la mamma non è pronta ed è incapace di lasciare al figlio lo spazio fisico e mentale che gli permette di arrivare all’indipendenza continuando ad anticipare  i suoi bisogni ed i suoi desideri, mantenendo una relazione fusionale, potrebbe  suscitare nel figlio  due diverse reazioni : una regressione allo stato precedente dello sviluppo psicomotorio, oppure il rifiuto della figura materna che viene percepita come un ostacolo alla propria indipendenza.

Il bambino ha bisogno in questo periodo di entrare in contatto con altre persone, è infatti attraverso la relazione con altre figure significative che trae le informazioni sulla propria persona, sul suo valore.

Gli oggetti ora rappresentano le prime attività esplorative del bambino ed è attraverso di essi che può imparare a scegliere, a manipolare facendo  esperienze sempre più complesse  che sono fondamentali per la costruzione di un proprio sé.

La fiducia nell’ambiente, nascerà solamente dalle esperienze che il bambino avrà fatto nei primi mesi di vita, e solamente se avrà ricevuto un adeguato accudimento e successivamente avrà potuto sperimentare un graduale processo di separazione dalla figura materna.

I genitori dovranno essere in grado di comprendere che non può essere mantenuto un rapporto esclusivo con il bambino perché questo ostacolerebbe la sua crescita, il loro ruolo dovrà ora modificarsi e diventare un ruolo di “guida”.

I momenti di esplorazione e di conseguenza di allontanamento dalle figure di riferimento permettono al bambino di fare conoscenza con la realtà, di strutturare nuovi legami e l’apprendimento di nuove nozioni.

Mentre un legame non sicuro con le figure di riferimento sarà alla base nell’età adulta per esempio di complicazioni o incomprensioni con i colleghi, con il coniuge o con gli amici, o di disturbi di personalità o sintomi nevrotici, una relazione di attaccamento sicuro, permetterà al bambino di interiorizzare una serie di funzioni fondamentali per il suo sviluppo, infatti sarà pronto  e sicuro nell’esplorazione dell’ambiente, in modo da imparare a conoscere la realtà ed a muoversi nel mondo.

Quindi un buon legame di attaccamento è un fattore protettivo rispetto all’eventualità di sofferenze psicologiche.

Numerosi studi longitudinali hanno dimostrato come questi  schemi di attaccamento  tendono a mantenersi costanti nel tempo costituendo una parte importante del nostro modo di essere, pertanto è la relazione con le persone significative che vivono intorno al bambino nei primi anni di vita che influenzeranno il comportamento e lo sviluppo della personalità di quest’ultimo.

Durante il processo d’ indipendenza il bambino può trovare alcune situazione che rischiano di interferire con il processo stesso, messe in atto dai genitori ad esempio:

  • la mancanza di gradualità, cioè richieste esagerate da parte del genitore come un improvviso svezzamento o allontanamento dalle figure di riferimento.
  • L’incapacità di allontanarsi dalle modalità adottate fino a quel momento,ad es. continuano ad anticipare i suoi bisogni, a tenerlo sempre in braccio, ad essere iperprotettivi..
  • La difficoltà di comprendere i bisogni dei bambini, ad esempio la capacità di accettare i “no” del figlio e di reagire con punizioni .

Bowlby, Winnicott con i loro studi,ci hanno indicato che i nostri figli  non cercano  dei genitori perfetti, ma “sufficientemente buoni”, cioè persone vere, autentiche, che possono anche mostrare ansie, preoccupazioni, stanchezza, errori, ma mantenere sempre la capacità di offrire sicurezza ed amore sapendo rispondere in modo adeguato ai bisogno del figlio, facilitandolo nel suo processo di sviluppo.

Quindi  una madre o genitori che possono commettere “errori” ma sicuri di aver agito con amore.

Questa è la grande innovazione che questi studi hanno portato influenzando il successivo pensiero sulla genitorialità, dove non c’è la ricerca di perfezione, ma quello di imparare a migliorarci quando e se possibile.