Uno dei principali compiti dei genitori, è quello di aiutare i figli a trovare un significato alla vita ma, per giungere a tale traguardo, bisogna passare attraverso le molte esperienze acquisite nei vari momenti di crescita.
Ma quali sono le esperienze nella vita di un bambino più adatte per stimolare la sua capacità di trovare i significati necessari?
Sicuramente il bambino trae le maggiori informazioni essenzialmente dai genitori ma anche dalla società e dalla cultura.
La letteratura per l’infanzia ha la capacità di trasmettere molte informazioni utili alla crescita del bambino, ma affinché possa riuscire nel suo compito, la storia ha bisogno per prima cosa di catturare l’attenzione del bambino, non solo divertendolo ma anche accendendone la curiosità, toccandone l’immaginazione e soprattutto permettendo al piccolo di identificarsi con il protagonista, il quale inizialmente vive un momento di difficoltà ma che successivamente, riesce sempre a risolvere le varie prove che gli si presentano. In tale modo il bambino acquisterà non solo fiducia in se stesso, ma anche nel futuro.
Nelle fiabe il bambino viene messo di fronte alle varie realtà della vita: alle sue ambivalenze, alle sue paure, alle sue gelosie, alla sua aggressività, alle sue insicurezze, alla sua paura di abbandono, di separazione…ed ecco che in tutti questi casi entra in gioco la funzione catartica della fiaba, che permette di prendere atto del conflitto che si sta vivendo in modo chiaro ed essenziale, trasmettendo nel contempo che “la lotta nella vita è inevitabile” ma, se non ci si ritrae intimoriti e si affrontano gli ostacoli ,alla fine se ne uscirà vittoriosi e gratificati.
Ovviamente le fiabe devono essere scelte secondo l’età e gli interessi del bambino e possibilmente lette in forma integrale o se raccontate in forma ridotta, il lettore dovrebbe rimanere quanto più possibile aderente all’originale.
Nelle fiabe, come nella vita, il bene ed il male sono sempre presenti e rappresentati in modo netto, per cui il bambino comprende immediatamente chi è “il buono” e chi è il “cattivo” e, ad ogni personaggio si abbina inoltre una sola qualità: un fratello è intelligente, l’altro è stupido; un genitore è buono, l’altro è cattivo; una sorella è buona, l’altra è malvagia…in questo modo secondo Bettelheim (studioso del comportamento infantile) il bambino riesce a comprendere e a differenziare le caratteristiche degli uomini.
Per questo motivo, la fiaba attrae i bambini, perché permette loro di conoscere la realtà della vita con le sue positività e negatività, con le virtù ed i difetti, facendogli prendere gradualmente coscienza dei suoi sentimenti, conflitti, emozioni, identificandosi ogni volta in un diverso personaggio, rendendo più chiari i sentimenti che prima erano confusi ed indefiniti .
Inoltre parlando di fate, maghi, gnomi, principi, streghe, matrigne…senza che abbiano un nome proprio, il bambino ha facilità nel processo di identificazione e di proiezione.
La fiaba, presentandosi sempre in forma simbolica e mai esplicita, permette al bambino di decidere se goderla esclusivamente come storia ,oppure se riportarla al particolare momento che sta vivendo, caricandola di un significato preciso, relativo alle esperienze fatte e vissute fino ad allora.
Quindi, nonostante il piccolo possa aver sentito più volte la stessa fiaba, può adattarla al particolare momento psicologico che sta vivendo ed alla sua età, caricandola ogni volta di diversi significati.
Incontrando nella fiaba personaggi fantastici e paurosi come: draghi, mostri, streghe, che non sono altro che la rappresentazione degli aspetti negativi della vita, il bambino potrà identificarsi con loro senza temere per questo delle dirette conseguenze, e così proietterà su di loro le sue ansie, i suoi timori e i suoi desideri distruttivi.
Egli riuscirà a sentirsi in questo modo, più tranquillo in quanto questi suoi stati emotivi interni potranno attraverso la fantasia, trovare riscontro all’esterno ed essere vissuti in modo non ansiogeno.
In questo modo, inoltre, egli potrà misurarsi con le proprie paure ed imparare a dominarle perché potrà, attraverso il racconto delle fiabe, viverle anche infinite volte o interromperne il racconto se lo desidererà, ma soprattutto saprà che “ è solamente una storia, vissuta tanto, tanto tempo fa”.
La fiaba, con il suo messaggio implicito, assolve inoltre anche alla funzione di educazione morale, così importante per il bambino, il quale ha bisogno di capire cosa è giusto o sbagliato, lecito o illecito.
Anche se “ il male” all’inizio della storia sembrerà avere il sopravvento sul bene, al termine della storia sarà il cattivo che verrà sempre punito, dimostrando che non il male o il prepotente vince, anzi è esattamente il contrario, per cui il “buono” risulterà al bambino più affascinante perché è sempre il più bello e quello più amato.Inoltre avendo una struttura molto semplice sarà perfettamente ed immediatamente compresa dal bambino.
Spesso i genitori, anche se attenti alle necessità dei figli, non amano raccontare loro le fiabe, in quanto pensano che esse non rappresentano la realtà. Bisogna, invece, tener presente che la verità per un bambino è diversa da quella di un adulto e che inoltre i piccoli sanno perfettamente che quella narrata non è la realtà, il fatto stesso che nel momento in cui iniziando a narrare diciamo: “ c’era una volta” oppure “tanto tempo fa” mettiamo il bambino nella condizione di comprendere che stiamo entrando nel mondo della fantasia, dove tutto può accadere e diventare possibile.
Se la storia narrata spaventa o mette ansia al bambino, basterà solamente che il genitore gli dica che è una storia di un altro luogo e tempo e che lui è al sicuro.
Attraverso l’identificazione con i personaggi il bambino può superare determinati stati d’animo, ad es. la fiaba di Cenerentola rappresenta la rivalità fraterna, ma non lo dice in maniera esplicita, parla di “sorellastre” ma anche di “matrigna” perché per il bambino il suo sentirsi inferiore o umiliato non deriva solamente dai fratelli, ma anche e soprattutto dai genitori che con il loro comportamento spesso danno loro la sensazione di preferire gli altri figli o bambini al di fuori della famiglia.
A causa di ciò il piccolo, o anche l’adolescente, prova gelosia, invidia verso gli altri fratelli e da qui nascono i litigi ed i dispetti. I bambini sanno che questo loro comportamento non è giusto, infatti a causa loro vengono sgridati e puniti, ma non trovano altro modo per attirare l’attenzione dei genitori, e così quando nella fiaba sentono che le sorellastre infliggono delle cattiverie ed umiliazioni a Cenerentola, in qualche modo si sentono finalmente in parte perdonati.
La fiaba di Hansel e Gretel pone l’accento su alcune delle più grandi paure dei bambini, soprattutto intorno ai 4 o 5 anni, cioè quella di essere abbandonati dai genitori o della loro paura e difficoltà ad allontanarsi da loro.
Il bambino imparerà dalla fiaba che c’è sempre un modo per districarsi dalle difficoltà e per sconfiggere la “strega”, quindi placherà le sue ansie dandogli la certezza che una soluzione si può sempre trovare.
In Cappuccetto Rosso, invece è la nonna che rappresenta la figura femminile, che da dolce e buona improvvisamente si trasforma in lupo, cioè in figura crudele che nega al bambino ciò di cui ha bisogno. Cosa può fare in questa situazione il bambino? La scinde in due persone diverse, affinché possa continuare a gestire la situazione e risolvere così i comportamenti contraddittori degli adulti.
A livello inconscio il bambino, nella maggior parte, ha bisogno di scindere la figura genitoriale in due: una offre amore e cure, l’altra infonde timore. Tale divisione gli serve per potersi sentire protetta ed affidarsi all’immagine buona. Succede spesso che quando il bambino non riesce a gestire i contrasti del comportamento del genitore
immagina che siano altri i suoi veri genitori, spesso persone importanti, e che quelle persone con le quali vive dicono di essere i suoi genitori, ma che in realtà non lo sono.
Perché questa fantasia?
Perché è solo così che il bambino può, senza sentirsi in colpa, provare un’autentica rabbia nei confronti del genitore, infatti questo non è quello autentico!!
Il fatto che nelle fiabe ci sia la figura della madre (spesso morta) sempre molto buona e dolce e, quella della matrigna cattiva, serve proprio al bambino per conservare l’immagine di una madre infinitamente buona e, di detestare senza sentirsi in colpa e senza rimorso, la cattiva malvagia.
Quindi la fiaba serve al bambino per controllare i suoi contrastanti sentimenti verso i genitori senza essere sopraffatto dal senso di colpa.
Quindi riassumendo, la fiaba è molto importante perché ha la funzione per il bambino di conoscere se stesso, il mondo esterno e le realtà della vita, sebbene le parole :” c’era una volta” lo avvertono che stiamo entrando in un altro mondo, che non va confuso con il mondo reale.